Polonia che a volte mi capisce, a volte no ma che comunque mi aiuta

Appena salito sul treno diretto verso la Polonia ho incontrato una gentilissima ragazza ceca, Anita, che si è messa a disposizione qualora avessi avuto bisogno di un aiuto. Mi sono quindi fatto spiegare dove fosse il bagno e le ho poi rivelato che l’avrei nominata nei miei racconti di viaggio. Spero tu possa leggermi, carissima ragazza!
Attraversata la frontiera, nella città di Katowice, è stato necessario cambiare mezzo di trasporto. Sono quindi sceso dal treno ed ho iniziato a camminare lungo il binario, con lo zaino in spalla, il bastone bianco saldo nella mano, senza una chiara idea della direzione da prendere ma munito di un sorriso attira persone, immaginando quanti sguardi stessi catalizzando su di me.
Di tutti questi sguardi, uno prima di altri, mi ha seguito per capire se avessi bisogno di un aiuto e accortosi che non sapevo esattamente dove andare mi ha rivolto la parola.
Ho spiegato al mio nuovo aiutante che dovevo prendere un autobus per Cracovia e lui, molto gentilmente, si è proposto di accompagnarmi.
Agganciato al braccio di Kamilij, mentre ci dirigevamo verso la sala d’attesa, ho risposto alle sue domande, era infatti un po’ sorpreso nel vedere un ragazzo cieco e straniero viaggiare da solo. Gli ho quindi svelato il mio progetto e la sua reazione entusiastica mi ha piacevolmente colpito.
Prima di lasciarlo ho raccolto una sua testimonianza, avrei voluto filmarci entrambi ma mi è stato poi rivelato che il suo volto non appare nel video. Poco male, dalla sua voce traspare comunque tutta la sua bella energia.

Alla stazione di Cracovia mi attendeva una ragazza che aveva risposto alla mia richiesta pubblica su Couchsurfing, invitandomi a stare qualche giorno da lei. Giunto quindi a destinazione sono stato accolto da Zofia, una studentessa polacca appassionata di architettura, alle prese con la sua seconda laurea. È stata infatti bravissima a spiegarmi alcune caratteristiche della sua magnifica città, che abbiamo visitato nonostante la neve e il freddo pungente.

Un giorno siamo andati a visitare un luogo magico, il castello del Wawel, che prende nome dall’omonimo colle. Zofia mi ha raccontato che si narra dell’esistenza di alcune particolari fonti energetiche nei suoi pressi.
Un pomeriggio, mentre la mia amica si trovava a lezione, sono uscito per andare a comprare alcuni prodotti, volevo infatti cucinare qualcosa in segno di gratitudine. Ho usato il traduttore del mio telefono per scrivere una lista della spesa in polacco, visto che anche qui, soprattutto i meno giovani, non hanno molta familiarità con l’inglese.
L’appartamento in cui alloggiavo si trovava al terzo o quarto piano di un edificio antico, immagino molto bello e al tempo stesso un po ostico da decifrare. Non sono infatti riuscito a trovare la porta di uscita giunto a quello che pensavo essere il piano terra, dopo diversi tentativi mi sono infatti scoraggiato ed ho deciso di risalire all’appartamento di Zofia.
Stavo litigando con la serratura della porta quando ho udito alcuni rumori dall’interno,, lo sferragliare dei chiavistelli, mentre intuivo la situazione la porta si è spalancata e una voce incomprensibile mi ha sbraitato contro, io automaticamente ho indietreggiato di qualche passo e alzato le mani in segno di resa, mostrando il bastone bianco e pronunciando in inglese:
“ Sono cieco, mi spiace, ho sbagliato porta! ”
A questo punto l’essere iracondo si è bloccato immediatamente, dopo qualche istante di silenzio, mentre io aggiungevo qualche altra parola per giustificarmi, ha pronunciato ancora un po’ confuso:
“ Oh… cieco… aiutare? ”
Riprendendo coraggio gli ho risposto che stavo cercando di uscire ma che non trovavo la porta ed avevo probabilmente anche sbagliato piano. Quindi, un po’ imbarazzato, mi ha preso per il braccio e mi ha accompagnato fino all’uscita, mormorando qualcosa in un inglese ancora più stentato del mio. Finalmente fuori gli ho sorriso e gli ho stretto la mano, ringraziandolo in inglese e in polacco e mentre mi avviavo lungo il marciapiede percepivo il suo sguardo ancora confuso fissarmi, chissà cosa avrà pensato.
“ Fatta questa ” mi sono detto “ trovare noci e gorgonzola non sarà un problema… ”. Infatti, dopo poche centinaia di metri, l’inconfondibile odore di frutta e verdura mi ha indicato la presenza di un piccolo supermercato, dove una gentilissima commessa mi ha procurato tutti gli ingredienti della lista, mostrata tramite il mio iPhone, che si è rivelata quindi molto utile; Quella sera ho accolto Zofia con la versione rivisitata del piatto nogarese “ Riso co’ le nose ”: risotto con noci e cambozola.

Sembra che in Polonia io sia più fortunato con le mie richieste su Couchsurfing, da Varsavia infatti ho ricevuto diverse proposte di ospitalità. In particolare sono stato contattato da una ragazza con una voce molto bella e carica di energia, Ewa, entusiasta del mio progetto e desiderosa di contribuirvi, che però abita lontano dalla capitale. Ho quindi mantenuto il contatto con lei ed accettato l’offerta di Anna, residente in una zona molto più centrale. Anche lei è venuta a recuperarmi alla fermata dell’autobus, ci siamo poi fermati a fare la spesa ed abbiamo in seguito raggiunto casa sua.

Anna in questi giorni è impegnata con gli studi universitari, le strade e i marciapiedi sono anche qui pieni di neve ed andare in giro da solo sarebbe molto complicato, col bastone infatti non riuscirei a distinguere le varie superfici su cui camminerei. Ho quindi deciso di approfittarne per concentrarmi nel programmare i passaggi successivi, vorrei visitare ancora un’ultima città, magari in un altro stato.
Ho inoltre proposto ad Ewa, che lavora in città, di incontrarci a fine giornata. Questa ragazza dall’acuta intelligenza ed empatia mi ha stupito per aver immediatamente colto il senso profondo del mio viaggio, cioè lanciare un forte messaggio di positività e di fiducia nel prossimo. Molte persone infatti si fermano all’apparenza, vedono in me solamente un ragazzo cieco che ha bisogno di aiuto per spostarsi, probabilmente non capendo perché io stia viaggiando, visto che non posso vedere i luoghi che visito.
Questo mi insegna ad accettare. Accettare che ogni persona che interviene nella nostra vita ha un ruolo, accettare che ognuno ha un suo modo di vedere le cose, accettare che tra il bianco e il nero c’è un’infinita moltitudine di sfumature e che forse mai le potremo scorgere tutte, ma che l’importante è usare quelle di cui disponiamo per dipingere al meglio il meraviglioso quadro della nostra vita.

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